L’Avvocato sa che “I rapporti con i magistrati devono essere improntati a dignità e a reciproco rispetto”: è questa la previsione del primo comma dell’articolo 53 del Codice Deontologico Forense, collocata nel Titolo dedicato ai DOVERI dell’Avvocato nel processo.
Il comando della norma è fisiologicamente ampio, ispirandosi, in definitiva, a quel buon senso che spesso fonda le previsioni della deontologia.
Spesso la menzionata disposizione viene all’attenzione unitamente al disposto dell’articolo 52, comma 1, del medesimo corpo normativo, a mente del quale “L’avvocato deve evitare espressioni offensive o sconvenienti negli scritti in giudizio e nell’esercizio dell’attività professionale nei confronti di colleghi, magistrati, controparti o terzi”, in casistica purtroppo abbastanza ampia.
La valutazione degli Organi disciplinari deve però considerare anche il contesto in cui un’espressione viene usata e, soprattutto, il superamento o meno del limite della continenza giungendo al proscioglimento dell’Avvocato segnalato.
In proposito appare interessante la sentenza resa da C.N.F. in data 31 dicembre 2022 con il n. 280:
https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2022-280.pdf
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