La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 70 del 23 maggio 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 4 della Costituzione, dell’articolo 57 della Legge Professionale n. 247/2012 e, per estensione, dell’articolo 17, comma 6, del medesimo corpo normativo, e quindi della norma che prevedeva che durante il procedimento disciplinare a carico dell’Avvocato non potesse essere deliberata la sua cancellazione dall’albo, richiesta dallo stesso Professionista.
Interessante la motivazione della quale si riportano alcuni rilevanti passi.
“…Un meccanismo siffatto comporta, però, che, per l’intero corso del procedimento disciplinare, l’avvocato che intenda rinunciare all’iscrizione all’albo non possa ottenere la cancellazione ed esercitare i diritti e le libertà di rango costituzionale – come la libertà di revocare l’adesione alla compagine professionale, il diritto di fruire di determinate prestazioni previdenziali o assistenziali e la libertà di intraprendere una diversa attività lavorativa – che si esplicano attraverso la fuoriuscita dall’Ordine o che, comunque, la presuppongono.
3.3.– La disposizione censurata, restringendo, sia pure temporaneamente, la libertà dell’iscritto di autodeterminarsi in ordine alla sua permanenza nell’organizzazione professionale, contrasta, anzitutto, con l’art. 2 Cost.”
“…Non si può tuttavia trascurare di sottolineare che l’ablazione del precetto all’origine dell’accertato vulnus costituzionale determina un vuoto normativo al quale il legislatore potrà porre rimedio attraverso un congegno meno restrittivo della libertà dell’avvocato ma, comunque, idoneo a garantire la conservazione dell’azione disciplinare almeno per il caso in cui il professionista incolpato, dopo avere ottenuto la cancellazione in pendenza di un procedimento disciplinare, chieda di essere nuovamente iscritto all’albo ai sensi dell’art. 17, comma 15, della legge n. 247 del 2012.
In attesa dell’intervento del legislatore, alla stregua della disciplina che residua alla rimozione dell’art. 57 della stessa legge n. 247 del 2012, la cancellazione dall’albo non può che comportare l’estinzione del procedimento disciplinare intrapreso.
All’estinzione del procedimento non si correla, però, il venir meno della pretesa sanzionatoria nascente dal fatto contestato, con la conseguenza che, nel caso in cui il professionista, successivamente alla cancellazione, chieda di essere reiscritto, la stessa azione disciplinare, ove non ancora prescritta, può – e anzi deve – essere nuovamente esercitata dai competenti organi in relazione agli stessi fatti che avevano determinato l’attivazione dell’originario procedimento disciplinare.
È dunque necessario che, nelle more dell’intervento legislativo, gli organi professionali competenti vigilino con il massimo rigore affinché non siano consentite pratiche abusive che determinino l’aggiramento del segnalato principio di conservazione dell’azione disciplinare.”
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