Accade che l’Avvocato promuova un’azione giudiziaria, in forza di mandato da tempo rilasciato dalla parte assistita, la quale, nel frattempo, è deceduta.
Il rilievo deontologico di siffatto comportamento è stato esaminato dal Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 35 del 2025, provvedimento nella cui motivazione, incentrata sul dovere di informazione disciplinato dall’articolo 27 del Codice Deontologico Forense, si rinvengono precise indicazioni sul comportamento che l’Avvocato deve assumere nei confronti del proprio difeso:
“…la proposizione di un’azione giudiziaria – che, peraltro, per sua natura avrebbe dovuto essere tempestiva – a così lungo tempo dalla formalizzazione del mandato da parte del cliente incide anche sugli oneri informativi di cui all’art. 27 CdF perché l’avvocato deve, proprio alla luce del così lungo tempo trascorso, almeno verificare se il cliente abbia ancora interesse all’azione, se sia intervenuta una qualche condizione che suggerisca la richiesta di una qualche domanda accessoria, come una inibitoria o altro di simile.” “Tutte queste circostanze rendevano nel caso particolarmente pregnante la buona regola, che dovrebbe essere di comune osservanza, di mettere a parte i clienti, con ragionevole tempestività, degli atti introduttivi dei giudizi per loro conto promossi ovvero di quelli con cui ci si costituisce in un giudizio o si promuove un’impugnazione. Il cliente deve avere contezza dei contenuti di tali atti e l’onere informativo non può considerarsi limitato a rendere edotto il cliente delle date delle udienze ovvero a rispondere alle richieste di notizie, ma deve necessariamente comprendere la comunicazione dei tratti essenziali della difesa, anche con la consegna di una copia dell’atto che ne rappresenta la prima e principale espressione: infatti il cliente potrebbe chiedere una delucidazione ovvero una rettifica o una integrazione della linea difensiva, ovviamente in punto di fatto.”
Che l’avvocato dia corso a un mandato utilizzando una procura rilasciatagli parecchio tempo prima dal cliente, senza previamente informare quest’ultimo, anche solo al fine di accertare il persistente interesse al giudizio è quindi comportamento che contrasta con regole legali e deontologiche e, forse, ancor prima, con il semplice buon senso.
https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2025-35.pdf
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